Intervista a Giuseppe De Luca

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Ciao Giuseppe, è sempre un onore averti ospite a Rovigo Comics e la novità di quest’anno è che abbiamo preparato qualche domanda per farti conoscere meglio ai visitatori.

Da appassionato di supereroi sai bene che le origini del personaggio rivestono una parte fondamentale della storia. Nella tua vita privata sei un papà e un marito, ma ti trasformi in un supereroe quando impugni la matita. Raccontaci in libertà le tue origini artistiche.

Direi che ho cominciato tardi, almeno rispetto ad altri colleghi che ora, già in giovane età fanno i fumettisti di mestiere. Io ne avevo quasi 40, all’epoca lavoravo in una modelleria stilistica di una azienda di calzature, e il giorno stesso in cui mi dissero di non avere più bisogno di me, vidi un annuncio in rete, se non sbaglio era su “afnews”, dove “Cronaca di Topolinia” cercava disegnatori. In realtà anni prima avevo pubblicato tre storielle sull’ “Intrepido”, ma solo approfittando delle sere e dei week end, dal momento che trascorrevo la maggior parte del tempo in azienda.

Dopo l’esordio per la prestigiosa IMAGE COMICS, per la quale hai realizzato un albo della collana “New World Order”, inedito in Italia, inizia la tua lunga collaborazione con l’editore Star Comics che porta nelle edicole il tuo lavoro su Nemrod, Pinkerton S.A. e San Michele. Quanto tempo hai impiegato per trovare un tuo stile personale? Quali autori hanno influenzato la tua ricerca stilistica?

La Image è stata solo un caso, ho semplicemente fatto un lavoro per un privato che poi lo ha proposto all’editore, quindi non fui pagato ne dall’editore ne dal committente, e sinceramente non è stato il modo con cui sognavo di lavorare per l’America.
Ti posso dire chi mi ha influenzato, ma di stile personale non so, non l’ho ancora trovato. Quando ero ragazzino ero catturato dai supereroi della marvel, mi divertivo a copiarli, a riprodurre la potenza dei corpi di Buscema, il dinamismo di Kirby, l’ eleganza di Romita. Ma più che influenzato direi che mi hanno spinto desiderare di fare il fumettista, anche se per buona parte della mia vita, questo desiderio è rimasto un po’ sotto la cenere delle vicissitudini.

La Zephyr Editions ti ha dato la possibilità di cimentarti a lungo con il mercato francese su albi di ambientazione storica (Les Enrages du Normandie-Niemen, Blackbirds – Les Ailes de la CIA, entrambi con i colori di tua moglie, Ketty Formaggio, e inediti in Italia). Notoriamente i lettori d’oltralpe, e di conseguenza gli editor, pretendono una corrispondenza quasi “maniacale” dei costumi, dei mezzi e delle ambientazioni rispetto all’epoca dei fatti. Questo aspetto ti ha creato delle difficoltà? In che maniera ti sei documentato? Ti hanno mai chiesto di modificare qualcosa che avevi disegnato?

In effetti è vero, è difficile, soprattutto quando si ha a che fare con ambientazioni storiche. Per giunta l’editore stesso era appassionato e pilota lui stesso, e infatti le modifiche richieste riguardavano soprattutto i particolari degli aeroplani, dai rivetti alla disposizione dei flap durante i vari movimenti (virate, atterraggi, decolli ecc….) Le documentazioni generali le cercavo ovviamente in rete, tipo abbigliamento/equipaggiamento e ambienti, ma il forte della documentazione erano i modellini che compravo e montavo, direi che sono indispensabili, si ha modo di avere il modello da qualsiasi angolazione, senza di loro sarebbe davvero dura, ne ho accumulati un sacco, mi sono fatto una certa cultura in merito.

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Realizzare un fumetto è un lavoro di gruppo che richiede interazioni con gli altri autori coinvolti. Nelle relazioni con gli sceneggiatori (ma vale anche in senso opposto) bisogna essere un po’ psicologi? Mi spiego meglio: nei confronti che inevitabilmente si creano durante la lavorazione, che possono arrivare anche a veri e propri scontri di ego, ritieni sia fondamentale conoscere l’interlocutore e il suo carattere (penso alla recente querelle tra Mike Deodato Jr. e la Bonelli per un albo di Tex) in maniera da “dosare” le risposte e non compromettere il rapporto o è preferibile essere, per quanto possibile, diretti?

Non ho mai avuto problemi del genere, e non credo che ce ne possano essere durante la lavorazione di un progetto, ognuno ha il suo compito, anche quello da parte dello sceneggiatore di dirti che stai sbagliando, ma fa parte del fine comune di realizzare un buon lavoro. Se ci sono degli attriti sono problemi che esulano dal lavoro di equipe.

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Quest’anno il tema di Rovigo Comics è il Fantastico e tu fai parte dello staff di Dragonero, edito da Sergio Bonelli Editore (su testi di Luca Enoch e Stefano Vietti), che ti dà l’opportunità di far conoscere la tua arte al grande pubblico. In questo progetto la tua perizia grafica è migliorata ulteriormente dalle già notevoli esperienze precedenti e si intuisce che l’interpretazione del genere Fantasy ti riesce piuttosto naturale. Parlaci della tua avventura sui sentieri dei Draghi.

Ero ancora a lavoro per Zephyr, quando accompagnai in redazione da Bonelli un amico che già lavora per la casa editrice. Portai con me alcune fotocopie di mie tavole (perché non si sa mai ) e senza che dicessi niente mi venne chiesto se avevo qualcosa da far vedere. Erano giorni in cui venne approvata la serie di Dragonero e c’era molto fermento. Una volta a casa, Vietti mi chiamò chiedendomi se fossi interessato a fare delle prove per l’albo. Da li cominciai, con molta sofferenza devo dire, perché avevo un lavoro che già mi prendeva molto tempo, all’ epoca facevo due volumi l’anno, e questo mi rallentava moltissimo, smisi col disegnarne uno, ma anche se questo mi diede un po’ di respiro, ancora non bastava, e alla fine, ho smesso del tutto di lavorare per la Francia, potendomi dedicare a tempo pieno per Dragonero.

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Essendo un autodidatta non hai frequentato nessuna scuola di fumetto e quindi all’inizio non hai potuto avvantaggiarti di nessun consiglio da professionisti del settore e questo dà ancor più risalto al tuo percorso artistico. In base alla tua esperienza personale, che consigli ti senti di dare a chi intende intraprendere la “via” del fumettista?

Io non credo molto nella “scuola” intesa come un posto dove si va per imparare a diventare fumettisti. Anziché ascoltare la lezione per poi lavorare su ciò che si è appreso, credo nella dinamica al contrario, cioè, prima fai la tua tavola-esercizio, la sottoponi al professionista che ti dirà ciò che non va, ti darà delle dritte e la rifai con quei criteri suggeriti. Hai già imparato molto. E così via, man mano che si fa un lavoro si aggiusta il tiro con l’aiuto di chi è già a un certo livello. Comunque, il modo migliore per imparare è quello di cominciare a copiare le tavole dei maestri, è automatico che in questo modo si impara, è il lavoro effettivo che aiuta a migliorare più che le ore passate ad ascoltare lezioni. I Maestri del passato non hanno frequentato nessuna scuola se non gli esempi pratici dei loro predecessori.

Adesso tira fuori il bambino che c’è in te: quale storia di supereroi ti piacerebbe disegnare? Uno scontro tra Hulk e la Cosa? Un’avventura di Spiderman?

Mi piacerebbe disegnare qualsiasi personaggio, da Spiderman ai Fantastici 4 o Thor, ma col gusto di una volta, quel gusto che li ha caratterizzati all’origine. Oggi i supereroi hanno perso la loro genuinità, nacquero per i ragazzi, ora si cerca di indirizzarli a un pubblico più adulto facendogli perdere la loro purezza che li contraddistingueva. Ecco….il bambino che è in me è venuto fuori!


 

Luca Schiesari
Luca Schiesari è un appassionato lettore e scrittore di fumetti da sempre, vive a Rovigo e si definisce: “Sognatore, Innamorato, Scrittore. Alla perenne ricerca di risposte di cui non si conoscono le domande.”Potete trovare qui altre notizie e fumetti di Luca The Last Lost

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